Quantcast
Channel: Carnet de bord d'Aymeric Chauprade » Afghanistan
Viewing all articles
Browse latest Browse all 6

Il ritorno dell’Iran, di Aymeric Chauprade

$
0
0

La caduta di Sanaa è stato poco commentata ; tuttavia, il controllo della capitale yemenita da parte dei ribelli sciiti Houthi comporta implicazioni importanti e deve, soprattutto, essere interpretato in un contesto più ampio: la strategia regionale di Teheran la cui influenza si estende ora su tutto il Golfo.

Dall’accerchiamento all’offensiva

Questo risultato pareva tutt’altro che acquisito: durante il decennio precedente, l’influenza persiana si è ridotto sotto i colpi della diplomazia neoconservatrice americana e l’Iran praticamente circondato. Presenti nel 2001 in Afghanistan, le forze Usa hanno invaso due anni dopo l’Iraq. In Libano, Assad ritirava gradualmente il suo esercito sotto la pressione di Washington (2005), lo Stato ebraico stava cominciando a intendersi con l’Azerbaigian in uno scambio del quale solo Israele detiene il segreto: diventando consigliere militare di Baku come di Singapore e di Nuova Delhi, Tel Aviv le vendeva armi, le acquistava il suo petrolio (un terzo del proprio approvvigionamento), infiltrava i suoi agenti di sabotaggio attraverso questa base avanzata della sua lotta feroce e clandestina contro il programma nucleare iraniano. Infine, ultimo aspetto, in un momento in cui Israele finalmente riceveva il via libera da Washington per la fornitura di bombe antibunker (massive ordnance penetrators), Mosca rifiutava di fornire a Teheran il sistema S-300 di difesa terra-aria di media portata, scudo indispensabile vitale per il suo programma nucleare … e avviava negoziati con Riyadh per l’esportazione di S-400, il massimo in termini di difesa aerea.

Circondato, Iran sembrava esangue, al punto che i disordini post-elettorali nel 2009 sono apparsi come il prologo della caduta annunciata di Teheran e il coronamento, certo tardivo, della strategia dei falchi neoconservatori di George Bush figlio …
Non si teneva conto del la pazienza e della capacità di resistenza di Teheran da una parte e delle conseguenze inevitabili degli errori strategici americani dell’altra. Se le proteste del 2009 hanno sorpreso il regime dei mullah, non lo hanno intaccato: la repressione è stata abbastanza forte per essere compresa … e il cuore del regime ha potuto testare la propria coesione e la propria solidità. Ma il vero carburante del offensiva iraniana alberga negli errori della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato e del Pentagono, tutti uniti nella stessa cecità che ha offuscato i migliori analisti della CIA manipolati per fini ideologici come d’altronde il SIS britannico.

I neo-conservatori, con la loro vendetta sterile contro Saddam Hussein, hanno infatti liquidato il malvagio regime e disperso i quadri del partito Baath laico, trasformando l’Iraq in una mecca del terrorismo; gli apprendisti stregoni di Washington (Richard Perle, Dick Cheney, Donald Rumsfeld, in particolare) consolidavano ciecamente un asse sunnita composto dai regimi fondamentalisti musulmani: Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti. Questo asse sunnita, unito dal petrolio, da giganteschi contratti di armamenti e dal terrorismo islamista, cercavano di imporre ovunque la propria volontà nella regione, in particolare in Siria. Una persona incarnava questa politica: il principe Bandar bin Sultan, ex ambasciatore saudita a Washington, spesso descritto come un agente stipendiato dalla CIA. La sua ricomparsa nella scorsa primavera, dopo una breve eclissi di disgrazia, come consigliere speciale del re Abdallah, dice molto circa l’influenza americana su Riyadh.
La primavera araba fornirà presto a questo asse l’opportunità di accelerare i propri progetti geopolitici. Nel 2009, la nuova amministrazione americana, tanto ideologica quanto la precedente, continuerà a sostenere ciecamente questo asse sunnita. La caduta della Libia di Gheddafi nel 2011 doveva annunciare poco dopo quella di Mubarak al Cairo nel 2012 con l’arrivo dei Fratelli Musulmani di Morsi.

Questa politica ha portato al rafforzamento dei legami tra Damasco e Teheran, entrambi sostenuti da Mosca che, dopo aver perso Il Cairo, nelle mani dei Fratelli Musulmani, non poteva perdere i suoi ultimi due punti di appoggio regionali. Preparandosi per il futuro, la Russia lanciava un vasto programma di riarmo, compresa la componente navale molto ambiziosa, prevedeva una flotta mediterranea rafforzata e il consolidamento di punti di supporto: Cipro (Limassol), Algeri (fornitura di due Progetti 636 armati di missili da crociera Klub) e naturalmente il porto di Tartus (la Tortosa dei Templari). La consegna di 72 missili anti-nave Yakhont (P-800) a Damasco, ma sotto controllo russo, l’estensione delle banchine galleggianti e l’ammodernamento dei laboratori dell’antico porto franco simboleggiavano il forte impegno della Russia verso la Siria . Nel vocabolario degli ammiragli russi, Tortosa è quindi passata da base di « appoggio tecnico » nel 2012 per le navi che approdano a quella di « punto di dispiegamento » nel 2013, consentendo ai bastimenti del Mar Nero di raggiungere Aden e l’Oceano Indiano in quattro giorni a 20nodi, ossia la metà che da Sebastopoli …
Nel frattempo, l’Iran proseguiva nel suo programma nucleare. Certo, esplosioni sporadiche su siti sensibili, la paralisi dei sistemi di controllo centralizzati dovuta a virus informatici misteriosi e l’assassinio mirato di ingegneri hanno rallentato i progressi. . Ma, anche se fortemente rallentato, Teheran non è mai seriamente stata fermata nella sua ricerca per il controllo del nucleare civile e militare.

Di fronte a questo asse sciita rafforzato, il campo sunnita presentava delle crepe: il Qatar, la rana petrolifera che voleva diventare il bue regionale, si imbaldanziva al punto di voler rovesciare i regimi saudita e degli Emirati Arabi Uniti, ritenuti troppo occidentali e decadenti, sulla scia del Cairo. Era il passo di troppo: Riyadh e Abu Dhabi, in un gesto insolito convocava pubblicamente Doha a marzo per intimargli di smettere di interferire nei propri territori e per essere sicuri di essere ben compresi, hanno inscenato processi ai « fratelli musulmani » con grande risalto, aiutavano il maresciallo Abdel Fattah Hussein Khalil al-Sisi a rovesciare il presidente Morsi con un colpo di stato che Malaparte avrebbe sicuramente preso a modello se fosse ancora vivo … .Washington, con qualche esitazione, lascia fare al Cairo, fornendo nel contempo sostegno e armi ai « moderati » ribelli siriani islamici per il tramite del loro satellite regionale, la Giordania.

Il ritorno in forze dell’Iran

Resistenza dell’asse sciita sostenuto dai russi, le crepe nell’asse sunnita, esitazioni americane verso il Cairo: tale era la situazione nell’estate del 2014. La Blitzkrieg di un nuovo feroce attore, lo Stato islamico, flagello regionale dalle origini multiple, ha radicalmente ribaltato le carte del grande gioco regionale impadronendosi progressivamente di intere province irachene e soprattutto dei suoi giacimenti di petrolio.

Questa chiarificatrice guerra islamista, crudele e mediatica, ha improvvisamente aperto gli occhi di Washington. Non riuscendo ancora a prendere la via di Damasco, l’amministrazione Obama ha intrapreso quella di Teheran, che equivale a Canossa … L’affare concluso è semplice: la flessibilità diplomatica nei negoziati sul programma nucleare iraniano in cambio di sostegno militare di Teheran in Iraq.
Emarginato, sanzionato, l’Iran torna ad essere corteggiato con uno di quei capovolgimenti improvvisi, di cui solo la diplomazia degli Stati Uniti detiene il segreto; ma si dimentica che, nel frattempo, Teheran ha avanzato le proprie pedine in giro .
L’Iran ha infatti consolidato il proprio potere su quattro capitali: a Damasco, dove i pasdaran sostengono il regime; a Beirut, dove Hezbollah continua ad essere arbitro discreto della scena politica; a Baghdad, dove gli sciiti gradualmente riprendono le leve del potere e ora Sanaa conquistate dagli Houthi, che giocheranno lo stesso ruolo in Yemen del partito di Dio in Libano.
L’accerchiamento dell’Arabia
Questo vasto insieme di manovre regionali mira a due obiettivi : l’eliminazione della dinastia dei Saud, considerata eretica, corrotta e decadente, e la distruzione di Israele
Per completare il suo accerchiamento dell’Arabia, l’Iran si dedica da qualche tempo al Bahrain, a maggioranza sciita. Questo obiettivo ne comporta un altro a sua volta: la base della Quinta Flotta americana. Per una volta, l’informazione è stata correttamente analizzata dalla US Navy. In un rapporto passato del tutto inosservato a giugno 2013, «  No plan B : U.S Strategic Access in the Middle East and the Question of Bahrain « , pubblicato dalla prestigiosa Brookings Institution, l’autore, Richard McDaniel, un ufficiale della Marina degli Stati Uniti di stanza da molti anni nel Golfo, ha spiegato che vi era effettivamente una possibilità non trascurabile che il potere di Al-Khalifa potesse cadere in un giorno prossimo sotto la pressione della strada sciita, mettendo così in pericolo l’infrastruttura più strategica degli Uniti Uniti nel Golfo; un hub insostituibile non solo per le operazioni congiunte americane, ma anche il punto focale delle azioni combinate con gli alleati britannici. L’ufficiale richiamava poi ad un « Piano B » (all’occorrenza l’Oman).
Per quanto tempo resisterà il Bahrein? Sotto controllo saudita, il sultanato si è premurato di ordinare questa estate armi russe (missili anticarro Kornet E) per conciliarsi con Mosca, un alleato prezioso per chi vuole il dialogo con Teheran …

L’asfissia dell’Arabia mira anche alla distruzione dello Stato ebraico, uno degli obiettivi di guerra di Teheran. Il doppio controllo dello Stretto di Hormuz e di Bal el-Mandeb porterebbe a destabilizzare, situazione clamorosa, l’economia israeliana.
Così, su tutti i fronti, l’Iran emerge vittorioso dal confronto duro con il mondo sunnita, in gran parte grazie agli errori di calcolo americani. Con la bomba nucleare da una parte e il controllo di due stretti, Teheran sarebbe di fatto in posizione di egemonia. L’arsenale dei paesi del CCG sarà davvero inutile perché Washington ne bloccherà l’uso politico e tecnologico.
L’Arabia Saudita, sulla soglia di una eredità difficile, riuscirà a sopravvivere? Niente è meno certo. Salman, il principe ereditario e attuale ministro della difesa, è affetto dal morbo di Alzheimer ; il principe Muqrin, numero due nell’ordine di successione, rispettato e saggio, però, è di provenienza yemenita e non da un clan reale Saoud . La prossima generazione è, a sua volta, pieno di appetiti frustrati; a cinquantacinque o sessantacinque anni, di non detenere ancora le redini del regno…
L’osservatore attento avrà notato un segno del panico che afferra il regime e non sbaglia: la trasformazione della Guardia Nazionale (la SANG) in una armata (maggio 2013) sotto il controllo di un ministro (il figlio del re, il principe Mitaeb). La Guardia Pretoriana sostituisce perciò le legioni ritenute poco inaffidabili. Il Principe Mitaeb ha avuto cura di fornire di armi moderne la SANG (caccia F-15, elicotteri da trasporto e da combattimento, veicoli blindati e di difesa terra-aria) provenienti da fornitori diversificati(in particolare la Francia) e soprattutto differenti dalle forze armate tradizionali (un evento comune nel Golfo per evitare gli embargo e preservare il segreto).

Lezioni per la Francia

Di fronte a questo, qual è la politica della Francia? Che de « il cane morto sul pelo dell’acqua. » L’allineamento francese sulle posizioni americane, evidente dalla reintegrazione francese nel comando integrato della NATO (marzo 2009), è costata a Parigi la perdita di qualsiasi margine di manovra per giocare un ruolo, per di più tagliato su misura dgrazie alla sua tradizione diplomatica e ai suoi alleati regionali. Apprendista stregone in Libia (nel febbraio 2011), cieco in Siria (al punto di formare e armare gli islamisti « moderati » e di essere sul punto di inviare i Rafale in agosto 2013 ripetendo così l’errore libico) girando la schiena all’Iran (chiedendo sempre maggiori sanzioni), è stata presa alla sprovvista dalla giravolta estiva americana. Questo raggiro di Parigi da parte di Washington si limiterebbe al ridicolo se non comportasse conseguenze tragiche sul terreno attuale e in futuro.

Parigi non ha più carte tra le mani: le strade di Mosca, Teheran e Damasco sono sbarrate e non sono nemmeno sicuro che quelle del palazzo saudita di Al Yamamah e della Casa Bianca siano ancora aperte. Abbandonata la propria tradizione diplomatica, sorda alle realtà sul terreno (riarmo di ribelli incontrollabili, il massacro dei cristiani, le conseguenze di terrorismo sul proprio territorio), si è fuorviata in questo complicato Oriente che pure conosceva così bene.

Per svolgere un ruolo coerente con la propria tradizione e con le aspettative dei suoi alleati regionali, la Francia non avrà altra scelta che ritrovare la strada di Mosca, Teheran e Damasco. In tal modo, la Francia apporterà un canale di discussione apprezzato dalle parti in conflitto nella regione e, c’è da scommettere, dalla futura amministrazione americana. Partecipare a tutto e non essere escluso da nulla: questo è infatti il ​​segreto della diplomazia.

Aymeric Chauprade
blog.realpolitik.tv


Viewing all articles
Browse latest Browse all 6

Latest Images

Pangarap Quotes

Pangarap Quotes

Vimeo 10.7.0 by Vimeo.com, Inc.

Vimeo 10.7.0 by Vimeo.com, Inc.

HANGAD

HANGAD

MAKAKAALAM

MAKAKAALAM

Doodle Jump 3.11.30 by Lima Sky LLC

Doodle Jump 3.11.30 by Lima Sky LLC

Trending Articles


FORECLOSURE OF REAL ESTATE MORTGAGE


Winx Club para colorear


Girasoles para colorear


Loro para colorear


Renos para colorear


Lagarto para colorear


Long Distance Relationship Tagalog Love Quotes


Tagalog Love Facts About Men


RE: Mutton Pies (mely)


El Vibora (1971) by Francisco V. Coching and Federico C. Javinal





Latest Images

Pangarap Quotes

Pangarap Quotes

Vimeo 10.7.0 by Vimeo.com, Inc.

Vimeo 10.7.0 by Vimeo.com, Inc.

HANGAD

HANGAD

MAKAKAALAM

MAKAKAALAM

Doodle Jump 3.11.30 by Lima Sky LLC

Doodle Jump 3.11.30 by Lima Sky LLC